lunedì 30 maggio 2011

E se non stessimo poi tanto male?

Generalizzare è un ottimo modo per dimostrare di essere degli sciocchi. Eppure chi pensa che agli italiani piaccia un sacco mugugnare, lamentarsi, prendersela col governo ladro per il maltempo, non si allontana troppo dalla verità. È uno dei nostri sport nazionali. Dobbiamo avere qualcosa o qualcuno che ci offra l’occasione di dire: “eh, se andasse meglio di così”...
Succede anche nelle nicchie, quindi anche nella nicchia della fantascienza.
Ma... vi coglie mai il dubbio che le cose non vadano poi tanto male? Vi capita qualche volta di avere un bel rigurgito acido di ottimismo?
Stiamo condividendo un’epoca di lento e inesorabile sgretolamento delle barriere. Blog, riviste on-line, movimenti e club assortiti, disponibilità pressoché immediata di qualsiasi prodotto editoriale o audiovisivo, una sempre maggiore emancipazione dall’idioma italiano, il web come immensa biblioteca cui attingere informazioni. Tutto questo sta facendo collassare il sistema di cui spesso ci lamentiamo. Almeno questo ammettiamolo: viviamo una situazione fluida, senza veri punti di riferimento.
E, a guardare quali erano i punti di riferimento, prima, c’è di che asciugarsi il sudore dalla fronte e sospirare di sollievo. Quindici anni fa, prima dell’avvento massivo di internet, cosa avevamo? Qualche maestro barbuto, qualche cenacolo, qualche rivista “mitica”, qualche premio più o meno ambito, qualche pistolotto, e su tutto un senso di appartenenza che somigliava più a un senso di sudditanza. Oggi si sta rovesciando ogni cosa: i maestri collezionano figuracce sul web, i cenacoli si moltiplicano esponenzialmente, i premi stanno perdendo di appetibilità, le riviste vengono criticate, maltrattate, liquidate con un’alzata di spalle, i pistolotti sono diventati, come si suol dire, un “dito nel culo”, e il senso di appartenenza s’è trasformato in “senso di partecipazione”. Parliamo di una partecipazione il più delle volte magnificamente caotica, disinteressata, folle, autistica e ludica. Una partecipazione che esiste, vigorosamente, senza l’imprimatur dei “vecchi maestri” o delle riviste ufficiali (ufficiali per chi, poi?) e senza moralità. Non c’è nessun senso di coerente rivolta, nessun disegno o obiettivo ultimo. E questa è una svolta notevole. Tutto sta accadendo spontaneamente, quasi senza una ragione, e - come insegnava Baudrillard, “ciò che non ha un senso per esistere, non ha nemmeno un motivo per fermarsi”.
C’è di che fregarsi le mani, altro che lamentazioni. Basta farsi un giretto tra le tante pagine dei Connettivisti (incapaci di mettersi d’accordo fra loro su cosa sia il connettivismo, e per questo vispi, vitali e gravidi di idee), imbattersi in qualche blog dove un fantascienziato con meno di trent’anni parla di libri di fs mai tradotti in italiano, leggersi la testata-non-registrata dove si tratta di letteratura di genere con un grado di professionalità più elevato di quello di qualsiasi testata-registrata, sbirciare le opere che illustratori nostri conterranei pubblicano direttamente su riviste on-line inglesi o americane. È vita, attività, novità. Un pulsare di cose scritte, disegnate, filmate che esistono a prescindere dai dettami e dalle regole del mercato.
E se dire una cosa così suona banale, è solo perché è sotto gli occhi di tutti già da tempo.
Certo, non è un passaggio indolore: si deve rinunciare a qualche mitologia: lo “scrittore professionista”, la “celebrità”, l’ufficialità dei premi, l’orgia sociale della convention. Però, alla fin fine, chi se ne frega. Lo strappo è troppo netto, la disconnessione troppo radicale, per soffermarsi a piangere su questi feticci (per altro già abbondantemente smitizzati e ridicolizzati). I professionisti hanno tutti un secondo lavoro. La celebrità diventa spocchia. L’ufficialità dei premi genera invidie e fazioni. Le convention sono semplicemente dei mercati. È un mondo in rovina, che ogni giorno perde un pezzo. E okay che lamentarsi è uno sport amato, ma a rimanersene appollaiati al centro della zona del disastro è puro e semplice masochismo: lasciamo che lo facciano i vecchi maestri che ancora credono di vivere negli anni ‘70/80.
La tabula rasa non coinvolge le idee, lo spirito di azione, il “fare”. Anzi, idee e azioni ne escono rinforzate, perché nel crollo vengono coinvolte le mode, le parrocchie, le correnti, le moralette. Si passa da un sistema centralizzato, gerarchizzato, fondato sulla “gavetta” e sulla stretta di mano, a una magnifica anarchia che non pretende la visibilità, non aspira a vincere un trofeo, quasi se ne infischia della pubblicazione “tradizionale” e semplicemente esiste e si fa i cazzaccci propri.
La rete è piena di gente che si fa i cazzacci propri. Stranieri in terra straniera.
Quindi, di che lamentarsi? Ammettiamo di vivere in uno dei migliori mondi possibili, in una mappa ancora bianca.
Hic sunt leones.
(Ivo Torello)

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