venerdì 10 giugno 2011

E tornammo a riveder le stelle...

Ok, è una lunga storia e per adesso non ne abbiamo il tempo. Ma sì... ma chi se ne frega! Per quanto mi riguarda anche il tempo non è importante. Ciò che conta alla fine è solo riuscire a intravedere un punto, qualunque esso sia.
E io ho intenzione di provarci...

E va bene, ecco il punto. Occorre fare un passo indietro nel tempo per arrivare a comprendere meglio l’origine del tragico destino della fantascienza o per lo meno per riuscire a vedere il bordo del pozzo dove quest’ultima a un certo punto è apparentemente inciampata e poi è piombata giù. Occorre cioè tornare a trenta o anche quarant’anni fa, nel bel mezzo di un’epoca che lasciava presagire un futuro radioso, non solo per la fantascienza stessa, ma per il mondo intero. Un’epoca in cui la New Age sembrava alla fine l’unico futuro possibile per chiunque si fosse sentito realmente pervaso da una qualche spiritualità sensata, non una in particolare, ma una qualsiasi a scelta tra quelle che andavano di moda allora. Dalla non meglio specificata fede per la Madre Terra agli indù, dal Buddismo a Krisna, per arrivare su, su fino all’Helter Skelter o qualsiasi cosa fosse di mansoniana memoria. E tutto mentre i quindici minuti di celebrità erano ancora, sostanzialmente, soltanto un’idea neppure del tutto disprezzabile nella mente di Andy Warhol...

In quegli anni i pezzi grossi della televisione avevano ancora un’etica e l’alcool e le puttane erano il massimo della loro trasgressione. Ecco, fu esattamente allora che, inaspettatamente, la fantascienza piombò nel pozzo.
Ma non fu l’unica vittima.
Anzi, a ben guardare, la fantascienza sembra esser stata solo la capofila di una sfortunata e immaginaria classe di bambini che rispondevano a nomi del tipo racconto dell’orrore, romanzo gotico, ghost story e weird tales.

D’altronde, chiunque abbia frequentato anche per appena un pugno di ore, il mondo della narrativa e, perché no, anche quello del cinema, può raccontare vere storie agghiaccianti su scrittori, editori e produttori in grado di far impallidire il più spietato trafficante d’organi di Calcutta e può così comprendere come furono proprio loro a condannare in qualche modo certa narrativa, consegnandola definitivamente all’esistenzialismo più becero e insignificante.

Appare quindi tutt’altro che campato in aria il sospetto che, più che un incidente, possa essersi trattato di un pluriomicidio e che alla fine più che sfortunatamente caduti, i nostri immaginari bambini, furono spinti giù dai loro stessi genitori.

Naturalmente non troverete nessuno disposto ad ammettere le sue colpe e ci sarà persino chi non esiterà un istante a cercare di accusare voi di sovversione o complottismo, oltre che naturalmente di essere, sempre voi, in qualche modo manipolati da un qualche avversario immaginario, intenzionato a screditare l’ambiente per una mera questione d’invidia.
Cosi vanno le cose.
Ricordate: Trust nobody! Non fidarti di nessuno.

Non mi pare comunque il caso di insistere con le mie deliranti visioni di bambini caduti e ipotetici genitori assassini, non adesso per lo meno che sono finalmente riuscito a tornare in possesso del mio Teoria del sovrannaturale di H.P. Lovecraft, che credevo perduto per sempre. Del resto, nessuna persona sana di mente presterebbe mai un saggio tanto prezioso a chicchessia; io però l’ho fatto e questo non depone certo a mio favore.
Ma se non altro mi lascia una certa libertà di azione.

Sia come sia, H.P. Lovecraft, è cosa nota, aveva una visione tutta sua riguardo alla narrativa di fantascienza e di certo aveva le idee molto chiare su cosa facesse veramente paura e cosa no. Lo sappiamo, era fermamente convinto che il più antico e intenso sentimento umano fosse la paura, e il genere di paura più antico e potente fosse l’ignoto. E proprio su questo, probabilmente, in gran parte si sbagliava, forse tratto in inganno dal suo, per nulla velato, disprezzo per il genere umano.
Non che non ne avesse i motivi, tutt’altro!

Fu però forse proprio questo disprezzo, per assurdo, a fargli sopravvalutare l’uomo e a farglielo considerare come un essere sostanzialmente consapevole e in grado di capire quale veramente fosse il suo posto nella logica dell’universo.

Lovecraft in realtà non si rese mai perfettamente conto che di fronte all’oscurità dello spazio profondo l’uomo aveva quasi sempre preferito scrivere sonetti d’amore alle stelle invece che rifugiarsi rannicchiato in un angolo, tremante e sconvolto dall’inspiegabile immensità come logica avrebbe voluto.

A discolpa di Lovecraft va comunque detto che quando era in vita, ancora il peggio sia per la fantascienza che per l’uomo doveva venire e che quindi la sua ingenuità risulta del tutto giustificata.
Inoltre non lo colloca nella lista dei presunti padri assassini...
Furono infatti probabilmente gli anni Sessanta il vero baratro. La definitiva consacrazione cioè dell’arroganza, soltanto per un paio d’anni nascosta dai migliori principi del power flower, di quello stesso uomo che Lovecraft in buona fede aveva, pur nel disprezzo, del tutto idealizzato.

Quell’arroganza che tra l’altro spinge tutt’ora l’essere umano a credere di essere depositario di una qualche energia se non cosmica per lo meno spirituale e a mantenere la delirante convinzione che un giorno questa, anche davanti all’immensità e all’orrore dell’ignoto, riuscirà in qualche modo a prevalere...
(Francesco Cortonesi)

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