giovedì 19 maggio 2011

Fantascienza senza futuro?

La scienza è in continua evoluzione, mentre la fantascienza ristagna. Alcuni sottogeneri sono come gemiti di disperata impotenza: lo steampunk, da questo punto di vista, rasenta il patetico. Mi domando perché a un allargamento della prospettiva corrisponda una tale decadenza...
Una teoria l'avrei, ma è un po' radicale (in senso letterale, dato che riguarda la radice stessa del "fare fantascienza"). Tutti gli ultimi libri di divulgazione che ho letto mi hanno fatto dire: "ma quanto è lovecraftiano l'universo" [Gould, Quando i cavalli avevano le dita; Pinna, Declino e caduta dell'impero dei dinosauri; Seife, Alfa e Omega; Smolin, L'universo senza stringhe]. Davanti alla scienza, Star Trek appare come una mitologia astronautica davvero sorpassata, il cyberpunk una sottocultura giovanile, la realtà virtuale un videogame e le IA una promessa impossibile da mantenere. Invece trionfa Lovecraft: biologia impazzita, teratologie cosmiche, universi fatti di universi che contenono altri universi, stringhe e membrane che somigliano ai vagiti di una nuova, terribile religione e, ovviamente, materie oscure dappertutto. I neri mari d'infinito, insomma. La fantascienza ristagna per questo motivo: gli scrittori di fantascienza, nella stragrande maggioranza, sono terrorizzati, anzi annichiliti da un multiverso oscuro vomitante demoni e geometrie non euclidee. Non sopportano una tale, schiacciante vittoria dei vecchi narratori Weird, dimostratisi col tempo più "realisti" di Gibson e Dick (vogliamo parlare della plausibilità scientifica dei "replicanti", a tal punto nulla da imparentarli direttamente alla fantasy?). Così sono cascati nel ristagno, nel manierismo. Hanno preferito chiudere gli occhi e diventare scrittori di favole (storie stereotipate con un fine morale totalmente antropocentrico) piuttosto che prendere atto del "cambiamento" e sfruttare il nuovo arsenale a loro disposizione.
Prendiamo poi gli epigoni di HPL. Quasi tutti hanno riportato le sue teratologie cosmiche sulla terra, facendone dei simboli dell'incoscio, e tale operazione di normalizzazione, di mutilazione, è stata salutata come un transito della materia lovecraftiana dalla fantasia di un "immaturo" a ben più "nobili" lidi psico-simbolici. In realtà HPL non parlava affatto per metafore, e di materie oscure siamo circondati. Il problema qual è? E' che HPL preso "puro" mette una paura del diavolo. Sul serio. Non la paura tradizionale, quella legata ai concetti di bene e di male, di salvezza e dannazione, ma un vero e proprio timor panico che annichilisce e deride il ruolo dell'uomo nel cosmo. L'incipit del Richiamo di Cthulhu è profetico: sfiorati i neri mari di infinito, l'uomo sta fuggendo su isole di nuova, placida ignoranza. La psicoanalisi, il simbolismo, persino il surrealismo (oltre che la fantascienza stessa), sono vie, transiti verso queste isole, perché il modo migliore di esorcizzare un demone è dire che "esiste solo nella nostra mente", è il "simbolo del nostro inconscio", è uno "specchio della condizione umana".
Ogni tanto nasce un bambino ciclope con undici dita per mano, o la terra restituisce un fossile precambriano incomprensibile, o un esperimento del Fermilab mostra l'intrinseca assurdità del tessuto stesso della materia. Per un istante tutto vacilla. Ma solo per un istante. Freud, Dalì, Sartre, Dick sono lì, a rassicurarci, a farci pat-pat sulle spalle. A dirci che in un modo o in un altro tutto è ancora sotto controllo, perché persino i nostri incubi celebrano la nostra "centralità".

Le stelle sono nella giusta posizione; a essere completamente fuori posto sembrano essere solo gli scrittori
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(Ivo Torello)

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